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La città di Chiusi

La città ha più di trenta secoli di storia. Tra la fine dell'VIII e l'inizio del VII secolo a.C. si sviluppò la civiltà urbana degli Etruschi, i cui capi, come nella vicina Cortona, erano dei principi latifondisti che in breve fortificarono l'attuale collina di Chiusi. Uno di questi potenti principi, Porsenna, alla fine del VI secolo a.C. riuscì ad espandere la potenza chiusina sino a conquistare Roma.

All'inizio del IV secolo a.C. la città era così ricca che divenne obiettivo dell'invasione dei Galli, che l'assediarono. Soltanto sfiorata dall'invasione di Annibale che sconfisse i Romani sul Lago Trasimeno (217 a.C.), la città entrò a poco a poco nell'orbita romana per divenire prima colonia e poi municipio romano. Fu la prima città toscana in cui si diffuse il Cristianesimo portatovi da qualche soldato o mercante giunto a Chiusi attraverso la via Cassia. Nel IV secolo, Chiusi aveva già la sua diocesi ed il suo primo vescovo, sepolto nelle Catacombe di Santa Mustiola.

Contesa nel Medio Evo tra la guelfa Orvieto e la ghibellina Siena, poco dopo il Mille, Chiusi aveva iniziato la sua decadenza dovuta all'impaludamento del suo territorio. Infatti, le paludi, come attestato dalla straordinaria veduta a volo di uccello della Val di Chiana disegnata da Leonardo da Vinci (vedi cartina a sinistra), coprivano il territorio che andava dal Lago di Montepulciano al Lago di Chiusi per giungere sotto Città della Pieve. La malaria spopolò la città e le sue campagne finché, al termine del Settecento, il granduca Pietro Leopoldo volle la bonifica del piano di Chiusi che fu completata nella a metà dell'Ottocento. Ad essa seguì la rinascita agricola, economica e demografica della cittadina e con essa iniziarono anche le scoperte archeologiche che nell'Ottocento fecero di Chiusi uno dei centri di maggior rilievo per gli studiosi. Gli importanti personaggi che vennero a visitare gli scavi ed i tanti musei privati, alimentarono attraverso il commercio antiquario, la dispersione di gran parte dei suoi tesori.

Testo di Enrico Barni

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